martedì, ottobre 03, 2006

L’insostenibile leggerezza dell’essere (ventenni): ovvero Ti amo ti odio ti amo ma non te lo do a vedere



Coi tuoi vent’anni portati così..

Come si porta un maglione sformato su un paio di jeans

Come si sente la voglia di vivere

Che scoppia un giorno e non ti spieghi perché…


E rimango qui, immobile, davanti a questo monitor, a snocciolare ricordi; a ripensare a noi.

La nostra prima uscita; poi quella sera, a baciarci in punta di piedi in quel vicolo dimenticato in una notte di fine dicembre

Molto più lontano della notte

Molto più in alto del giorno

Nell’abbagliante splendore del loro primo amore

E la gioia dello stare assieme; gli antichi errori; i passi incerti di un primo amore come pochi se ne vedono, e che molti avrebbero invidiato, o forse lo hanno fatto.

La loro rabbia il loro disprezzo le risa la loro invidia

Gli abbandoni, i periodi di niente; e la mia rabbia; con tutto quel vortice di occasioni mancate, di frasi non dette, gesti non compiuti.

Adesso Roma, solo per noi; i suoi vicoli da innamorati ti invogliano a stare insieme; piano piano ti suggeriscono di condividerla, con qualcuno, questa occasione grandissima che si ha, e non sprecarla un po’ ogni giorno.

Otto dicembre duemilatre – tre settembre duemilasei; lo scrivo, ma non mi sembra vero.

E continuiamo, ancora, senza sapere perché; tra i tuoi rifiuti; e adesso, la mia stanchezza, che mi vuole far desistere dall’impresa.

Ma perderti è come perdere la speranza

Perché amare una donna vuol dire saperla vicino, quando ne hai bisogno; chiamarla, quando ti senti solo, o quando, con la testa piena di dubbi, o di pensieri cattivi, cerchi qualcuno che ti sia vicino; un gesto, uno sguardo, una carezza, il calore di un corpo accanto al tuo.

Ed io ti ho perduto

E stare insieme, sempre, fino a consumarci per il troppo attrito, anziché farci consumare dall’attesa;

Non una ma un milione di volte

Con la voglia di divertirci; di bere, e ballare, e scoprire una piazza nuova ogni sera, una via sconosciuta ad ogni ritorno a casa; e non perdere le nostre sere migliori a parlare della nostra insicurezza, ma superarla, con i gesti.

Riempire di noi una stessa notte; condividere la stessa emozione; provare, confrontarsi, sentire amori raccontati da altri, ascoltare musiche sconosciute.

E ritrovarti è come sorgere dall’eterno peccato

E invece qui, io, rimango a scrivere un buon compleanno che non mi viene; parole che stasera, perdonami, non trovo.

Per vedere le falle della vita

Perché ogni volta che ci penso, si riapre il precipizio di ricordi che non riesco a cancellare:

la sicurezza di averti che non ho;

la voglia di vederti che rimane solo voglia;

il tempo che va troppo veloce per me, e forse, per te.

Ti aspetto e ogni giorno

Mi spengo poco per volta

Eccoli, i miei auguri, velati da tutto ciò che stasera non volevo dirti, ma che ha rannuvolato la felicità che la situazione richiederebbe.

Hai vent’anni adesso. Non preoccuparti; per crescere c’è tempo.

Gli anni passano?

Peggio per loro. Noi siamo ancora qua.


...perché a vent’anni è ancora tutto intero

perché a vent’anni è tutto –chi lo sa-

perché a vent’anni si è stupidi davvero

quante balle si ha in testa a quell’età